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L'arte è contemporanea. Ovvero l'arte di vedere l'arte

266694
Sgarbi, Vittorio 24 occorrenze
  • 2012
  • Grandi Passaggi Bompiani
  • Milano
  • critica d'arte
  • UNIFI
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L'arte è contemporanea. Ovvero l'arte di vedere l'arte

Un altro luogo a Parma ci ha condotto in questa dimensione surreale e onirica, l’enorme grotta di culatelli di Spigaroli. Poche cose sono più

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passato, un mercato che ci propone cose orrende, valutando dei disgraziati come artisti. Però è difficile che un artista vero, serio, non diventi un

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Gillo, vorrei, però, che ci parlassi di Manlio Malabotta grande collezionista di De Pisis, ma anche di Arturo Nathan, che ci dicessi dei tuoi amici

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autentica novità dell’arte contemporanea. Certo, ci sono alcuni artisti tedeschi e americani che producono opere importanti, ma non c’è più l’evento

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quella antica, medievale e moderna; quindi ci sono specialisti dell’arte nei diversi settori e segmenti e secoli e periodi. Ma alcuni non sempre i migliori

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In Italia ci sono stati due esempi eccelsi e molto singolari di questa figura di storico-critico militante così rara da trovare all’estero: il primo

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Riuscire a fare critica evocando emozioni e poesia è cosa molto difficile: ci riusciva Roberto Tassi, ci riusciva mirabilmente Testori, ci è riuscito

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Romanticismo all’informale”, in cui ci insegnava e trasmetteva la propria passione, quella passione che lo portò alle lacrime quando, nel 1958, si

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In quel rapporto tra cose lontane, un altro stimolo straordinario fu quello degli accostamenti che Arcangeli ci indicava fra il Piero della Francesca

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Arcangeli ci spiegò quelle opere rivelandoci il loro rapporto profondo con l’arte romanico-padana, attraverso un paragone impressionante fra il primo

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. Nel sedicesimo canto del Paradiso, Cacciaguida parla del passaggio da un’epoca all’altra e Dante ci fa intendere che nessuno di noi è in grado di

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Quattrocento ci sono Brunelleschi e Masaccio; agli inizi del Cinquecento, le Stanze Vaticane di Raffaello (1508-20) e la volta della Cappella Sistina, che è del

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millennio con la distruzione di due simboli, segnale di un’epoca in cui ci si avvia a distruggere più che a costruire. Se nel primo ventennio del

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grazie alla loro attualità continuamente rinnovata dalle mostre e dal lavoro di chi le studia. Tant’è che se oggi, per esempio, ci ritroviamo a guardare

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ama l’arte contemporanea. In realtà, non amo quello che non mi sembra degno di essere né contemporaneo né antico: le “croste” ci sono fra gli artisti

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trecento dipinti; e, man mano che ci si avvicina ad artisti come Giorgio Morandi, si vede che il conflitto fra qualità e quantità è vissuto nella

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palazzo e lo abbellisce, e un Koons o un Murakami di cui ci vorrebbero far credere che il loro kitsch, trasportato a Versailles, ‘dialoghi’ con lo sfarzo

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colpisca nell’arte contemporanea -restituendo gli artisti a un circuito di viventi, artisti le cui opere in qualche modo ci riguardano - se non fosse lo

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nell’arte, è inutile porsi davanti a un quadro di un autore moderno. Molto spesso, infatti, ci troviamo di fronte non a un’assenza di forma bensì, come

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interamente catturata e riespressa dal cinema. Non c’è nel Novecento un solo romanzo che sia paragonabile ai Promessi sposi o ai Malavoglia; ci sono, sì

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di integrazione alla fantasia del lettore. Oggi il cinema ci impedisce, o ci risparmia, tutto questo, giacché con un solo colpo d’occhio vediamo

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morto come artista ed essa è patetica come arte. La ricerca sperimentale ci affascinava negli anni Dieci ai tempi dei dadaisti, negli anni Venti ai

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nella moda, oltre che nel design e nei video, che cogliamo l’unico comune denominatore estetico che ci dia il senso della nostra epoca.

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finito: è finito il rapporto con lo spazio, è finita l’idea di poter dipingere il cielo. Le volte, le cupole da affrescare non ci sono più. È finito

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